LE PROBLEMATICHE DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA PARLAMENTARE

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Ed eccoci proiettati, in un lampo, nel bel mezzo di una campagna elettorale dall’importanza a dir poco cruciale. Nello svolgersi del dibattito talora ci sorprendiamo constatando alcune diversità esistenti tra partiti che risultano inseriti nella medesima coalizione. Questa in realtà è solo la conseguenza della stretta correlazione esistente tra la rappresentanza politica e quella democratica. La riduzione del numero dei parlamentari costringendo le liste ad unirsi e queste ultime a confluire in coalizioni ancora più allargate ha solo accentuato una criticità esistente da lungo tempo: perché il risultato, in mancanza di riforme complessive del sistema democratico, è stato quello di indebolire ulteriormente la democrazia rappresentativa aprendo la strada, per molti versi, ad un possibile scenario di democrazia diretta. Si pensi all’ampliamento delle circoscrizioni, con molte che ormai superano gli ottocentomila elettori (votanti) cioè parliamo di comunità anche molto eterogenee, fatte da oltre un milione di persone. E’ presto poi per poter dire se con questa riduzione vi sarà effettivamente una maggiore efficienza del Parlamento oltre ad un significativo risparmio della spesa pubblica. Resta fermo che questa è stata una riforma non
controbilanciata da altre, inclusa quella storicamente auspicata che dovrebbe tendere al superamento del bicameralismo perfetto, ormai ritenuto inadeguato un po’ da tutti. Ne deriva giuoco forza un rafforzamento del ruolo dei partiti politici, i soli in grado di preservare in qualche modo il sistema democratico attraverso una rinnovata funzione di mediazione tra le istanze di popolo e le scelte di vertice. Si è dovuto prendere atto che non è possibile oggi – per come si atteggia la modalità di espressione della rappresentanza politica in Parlamento – escludere i partiti dal tavolo la mediazione della politica. E così quasi paradossalmente ci ritroviamo in una situazione dove la crisi democratica non può risolversi senza la riqualificazione del ruolo di altissima mediazione demandato proprio alle tanto vituperate dirigenze dei partiti politici. Naturalmente tutto questo include il pericolo che i partiti stessi, cadendo facilmente in tentazione, scadano in un ritorno alla ‘partitocrazia’ da prima Repubblica di pannelliana memoria. Ma vi è da dire che
proprio i partiti ed i loro leader dovrebbero prendere coscienza che la sfiducia nei loro confronti non deve tradursi necessariamente in una minore partecipazione al voto o far
degradare, peggio ancora, la nostra collettività nel dissenso e nella protesta: solo una tale presa di coscienza potrebbe infatti spingerli attraverso le loro decisioni a venire incontro all’improrogabile esigenza di alimentare, piuttosto, ed incoraggiare sempre di più la partecipazione, sia individuale che collettiva specialmente da parte delle giovani generazioni, affinché si possa giungere a una corretta trasformazione sociale cogliendo i reali bisogni dei cittadini e coniugando, al contempo, la governabilità con la rappresentanza. I partiti politici, dunque, dovrebbero recuperare il loro storico ruolo di luoghi della passione civile organizzata e permanente, rendendosi nuovamente capaci di
contribuire in modo decisivo alla efficace mediazione del bisogno come momento centrale per la vita della società civile. Insomma si tratterebbe di rispolverare le proprie originarie vesti di soggetti privilegiati, ma non esclusivi, nel processo di intermediazione tra cittadino e Stato. Imparare dalle proprie tradizioni democratiche e liberali, evitando comode battute in ritirata alla “muoia Sansone con tutti i filistei” oppure “tanto peggio tanto meglio” consentirebbe, oggi, di guardare all’avvenire con maggiore solidità nei punti di riferimento. Il passato, naturalmente, non può e non deve tornare. Tuttavia sarebbe bello vedere in futuro una classe dirigente consapevole della sua memoria, attiva e quindi idonea, cioè pronta ad accompagnare il paese che amiamo, l’Italia, verso l’innovazione e la modernità raccogliendo, senza altre esitazioni, la sfida delle rapide trasformazioni economiche e sociali alle quali stiamo assistendo. (FONTE: CORRIERE.IT)

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